Novità sulla classificazione dei rifiuti
Novità sulla classificazione dei rifiuti
Nelle ultime settimane si parla molto delle imminenti modifiche che interesseranno la classificazione dei rifiuti ed in particolare della nuova classificazione dell’ossido di rame e del suo fattore M. Ma sono davvero così importanti le modifiche imminenti o i problemi relativi a questa difficile attività sono altri?
Il primo Marzo entra in vigore il Regolamento (UE) 2016/1179 recante modifica, ai fini dell'adeguamento al progresso tecnico e scientifico, del regolamento (CE) n. 1272/2008 relativo alla classificazione, all'etichettatura e all'imballaggio delle sostanze e delle miscele, ossia l’ennesimo aggiornamento della banca dati delle sostanze pericolose. Dal 2008 ad oggi, infatti, complessivamente sono 10 le modifiche che hanno interessato l’elenco delle sostanze pericolose. Di questo non si è quasi mai parlato, anche se spesso gli aggiornamenti hanno riguardato sostanze pericolose molto diffuse e comunemente utilizzate. Perché, quindi, tanto clamore sull’ossido di rame? La sua classificazione come sostanza pericolosa per l’ambiente era nota da tempo ed anche il suo fattore M è da molti mesi indicato sul sito dell’ECHA, come di seguito evidenziato.
Ma su cosa influisce questa modifica? Questa modifica va ad incidere sulla verifica dell’ecotossicità (HP14) effettuata secondo i criteri stabiliti dalla Classe 9, M6-M7 dell’Accordo ADR.
Ma allora questa novità non è poi così tanto sconvolgente! Basti considerare, infatti, che dal 4 Luglio 2017 è in vigore il Regolamento Consiglio Ue 2017/997/Ue che stabilisce i nuovi criteri per l’attribuzione della caratteristica di pericolo HP 14 “Ecotossico” e nel nuovo regolamento il fattore M non viene proprio preso in considerazione. Ora è vero che il termine ultimo per l’applicazione del suddetto regolamento è fissato per il 5 Luglio 2018, ma la vera modifica è rappresentata eventualmente dall’entrata in vigore di questo regolamento.
Allora perché tanto clamore su questa modifica quando il settore è caratterizzato ancora da enormi problematiche di cui nessuno parla? Non conosciamo la risposta a questa domanda, ma sappiamo che i problemi della classificazione dei rifiuti sono molto più gravi di questo.
Per lavoro ci capita spesso di esaminare rapporti di prova di colleghi che riportano analisi ed elaborazioni dei dati relativi alle concentrazioni di sostanze pericolose al fine di effettuare classificazione di rifiuti e francamente quello che molto spesso, per non dire quasi sempre, ci tocca constatare è francamente sconcertante.
Dalla definizione dei protocolli analitici alle pseudo elaborazioni dei dati secondo il Regolamento 1357/2014/Ue, dai codici di pericolo attribuiti alle varie sostanze pericolose alla gestione della presenza di metalli o idrocarburi, dall’applicazione del principio di precauzione alla verifica dell’ecotossicità se ne vedono davvero di tutti i colori!
Perché ci si stupisce tanto del nuovo fattore M assegnato all’ossido di rame quando per anni è stato trascurato, ad esempio, il fatto che per tutte le sostanze caratterizzate dai codici di indicazione di pericolo relativi alla tossicità in ambiente acquatico (H400, H410 ed H411) per cui non era espressamente indicato un fattore M, bisognava calcolarlo, secondo le indicazioni dell’Accordo ADR, in funzione dei dati relativi alla tossicità acuta e cronica? Quante classificazioni sono state effettuate ignorando questo aspetto che riguardava centinaia di sostanze pericolose per l’ambiente?
Le analisi normalmente eseguite sui rifiuti sono scelte esclusivamente secondo criteri di convenienza dei laboratori o per accontentare le varie imposizioni di discariche o impianti di trattamento o, nella migliore delle ipotesi, per assecondare le elucubrazioni dei consulenti famosi perché spesso insigniti della carica di CTU dalle Procure italiane. Qual è, quasi sempre, il risultato di queste scelte? Avere massicci rapporti di prova in cui per il 95% dei parametri eseguiti non rileva alcun risultato superiore al limite di rilevabilità del metodo adottato. Ma non bisogna studiare il processo produttivo che ha generato il rifiuto per individuare le sostanze pericolose pertinenti?
Nella maggior parte dei rapporti di prova non vengono evidenziati gli esiti delle sommatorie e delle verifiche dell’elaborazione dei dati delle concentrazioni delle sostanze pericolose che contaminano il rifiuto secondo quanto previsto dal Regolamento Commissione Ue 1357/2014/Ue. In molti di quelli in cui viene riportato uno schema riassuntivo delle verifiche effettuate non viene evidenziato, ad esempio, il risultato reale della sommatoria delle concentrazioni, ma semplicemente un generico < limite! Operando in questo modo come è possibile verificare la classificazione di un rifiuto? Come possono essere valutate eventuali prossimità ai valori limite o eventuali superamenti in considerazione delle incertezze delle diverse determinazioni analitiche? Ci si può fidare di classificazioni di rifiuti che non evidenziano i risultati delle elaborazioni previste dalla legge?
In tantissimi rapporti di prova sono presenti classificazioni di sostanze pericolose estremamente fantasiose, con elenchi di codici di indicazioni di pericolo presi ovunque tranne che dai regolamenti comunitari vigenti. Altro che IX e X adeguamento, spesso le banche dati utilizzate non hanno nulla a che vedere con il Regolamento Ce 1272/2008/Ce e s.m.i. Quante classificazioni sono state effettuate ignorando completamente la reale classificazione delle sostanze pericolose?
Nelle analisi dei rifiuti le determinazioni che quasi sempre sortiscono un esito positivo sono quelle relative alla presenza dei metalli. I metalli che vengono ricercati sono i più disparati e senza alcuna pertinenza con il processo produttivo che ha generato il rifiuto. Questo modo di procedere è giustificabile solo per i rifiuti che la normativa definisce a composizione non nota, ossia quelli per cui non si conoscono o non è possibile individuare le sostanze pericolose che li contaminano. Ma se è così il passaggio dalla concentrazione analiticamente rilevata per ogni singolo metallo al composto pericoloso responsabile della sua presenza deve essere effettuato applicando il principio di precauzione. Si deve assegnare la concentrazione rilevata al composto del metallo che impone i valori limiti più restrittivi, ossia più bassi. Avete mai visto qualcuno che ha ufficialmente pubblicato l’elenco di questi composti? Ogni chimico o ogni laboratorio ne utilizza uno diverso, salvo poi modificarlo nel caso in cui il rifiuto dovesse risultare pericoloso invocando il fatto che la sostanza non è pertinente! La pertinenza o meno di una sostanza si invoca nel caso ci sia la possibilità di studiare e conoscere le sostanze pertinenti con l’origine del rifiuto, ossia solo per i rifiuti a composizione nota e non quando ci fa comodo per declassare i rifiuti. Nella quasi totalità dei rapporti di prova vengono riportati i valori delle determinazioni analitiche dei metalli, ma non vengono indicati i composti responsabili della loro presenza. Non vengono evidenziate, cioè, le sostanze pericolose che contengono i metalli le cui classificazioni sono state utilizzate per estrapolare i codici di indicazione di pericolo da considerare nella valutazione dei risultati. Senza questo passaggio è impossibile effettuare classificazioni credibili dei rifiuti, sia per quelli a composizione non nota sia per quelli a composizione nota! Quante classificazioni sono state eseguite in modo non corretto perché sono state ignorate tutte queste considerazioni?
Per quanto riguarda l’eventuale contaminazione da idrocarburi si continua a procedere seguendo alcuni vecchi pareri che non hanno mai avuto alcun senso logico né scientifico. Ad esempio si assegna sempre alle frazioni generiche degli idrocarburi pesanti (C10-C40) il codice di indicazione di pericolo H411, quando in realtà sono davvero pochissime le sostanze pericolose riconducibili all’estrazione ed alla raffinazione del petrolio e del carbone che sono caratterizzate da questo codice, e non si applicano i codici H340 ed H350 quando non sono presenti i marker in concentrazione superiori a certi valori limite, anche se tante sostanze pericolose appartenenti alla grande famiglia degli idrocarburi sono caratterizzate da questi codici sempre e comunque. Quante classificazioni sono state eseguite erroneamente seguendo tale sistema?
Al termine di tutte queste considerazioni e delle molte altre che si possono fare, bisogna concludere che la classificazione dei rifiuti è un’attività aleatoria? Noi crediamo di no e la nostra attività è finalizzata proprio a rendere più semplice, omogenea e credibile tale operazione, ma certo occorrono modifiche sostanziali.
Innanzitutto crediamo che la classificazione dei rifiuti deve essere un’attività diversa dall’esecuzione delle analisi di caratterizzazione del rifiuto e che deve essere commissionata e pagata a parte. Vista la sua complessità e considerando il fatto che la classificazione dei rifiuti determina le modalità con cui devono essere svolte tutte le successive operazioni di gestione, la classificazione di un rifiuto non può essere inclusa nei rapporti di prova di caratterizzazione. La classificazione dei rifiuti deve essere inserita una certificazione analitica e deve essere eseguita da tecnici estremamente competenti che hanno avuto la possibilità di studiare nel dettaglio il processo produttivo che lo ha generato e di valutare tutte le informazioni necessarie fornite dal produttore. Ci sono ancora degli aspetti sull’interpretazione della normativa che devono essere chiariti e per farlo occorre che si esprimano tecnici competenti del Ministero dell’Ambiente, dell’ISPRA e dell’Ordine Nazionale dei Chimici e non si demandi tali compito ad enti che nulla hanno a che vedere con queste cose o tantomeno all’interpretazione soggettiva di gestori di discariche e di impianti di trattamento.
Fino a che la situazione non cambia radicalmente e non si diffondano modalità serie di classificazione dei rifiuti, non sarà certo la modifica della classificazione dell’ossido di rame a rappresentare il problema.
Per quanto ci riguarda il portale da noi gestito, Tecnorifiuti.it, che contiene l’intera banca dati ufficiale delle sostanze pericolose, ha recepito nel corso degli anni tutti gli adeguamenti al progresso tecnico e scientifico del Regolamento Ce 1272/2008 e dal 1° di marzo recepirà anche l’ultimo. Da diversi mesi ormai abbiamo messo a disposizione degli utenti la possibilità di verificare l’attribuzione dell’ecotossicità (HP14) anche con il nuovo Regolamento Consiglio Ue 2017/997/Ue e la possibilità, in pochi secondi, di verificare le differenze di classificazione utilizzando i due differenti criteri.